Tutto inizia sbagliando totalmente "l’etichetta" data a queste compagnie: Ryan Air e Easy Jet per antonomasia e ancora prima South West negli USA, capostipite di questo modello organizzativo, non sono compagnie aeree che basano il loro business sui bassi costi aziendali (anche ma non solo e non prioritariamente).
Questo nome fuorviante che è stato appioppato loro, chissà da chi, ha creato un falso mito.
Low cost: forse la volontà era quella di indicare il basso costo dei biglietti (basso costo quindi per gli utenti e non per le compagnie) ma molte volte viene frainteso con il fatto che siano le compagnie ad avere costi bassi, in senso negativo, speculativo e distorto.
I temi principali che vengono dibattuti senza un’analisi approfondita sono:
- speculazioni sul personale (e qui non ci vogliamo addentrare in complicati ragionamenti sindacali o filosofie gestionali),
- evasione delle tasse (fosse così, forse non sarebbero sul mercato da così tanto tempo),
- fornitori non pagati (e qui forse qualcosa di vero c’è e lo vedremo)
- la cosa più falsa è la credenza che generino un notevole risparmio lesinando sulla manutenzione. Vi sarà capitato di sentire il vostro vicino di posto dire: “con quello che ho pagato il biglietto, spero abbiano i soldi per pagare la manutenzione!"
Ribadendo che c’è più di un sistema di controllo incrociato della navigabilità degli aeromobili e quindi sarebbe una speculazione dell’intero comparto sulla vita delle persone, non ci pare questo sia davvero il nesso della sostenibilità economica di queste compagnie.
Torniamo al nome: low cost
“Low-cost” dovrebbe essere cambiato con “low-price” perché per la compagnia aerea è il prezzo di vendita ad esser basso e non i costi di gestione, che sono ottimizzati e lo vedremo tra poco.
In realtà per essere tecnicamente precisi, più che di “low-price” si tratta di “dynamic-price” come albergatori e tour operator sanno, conoscendo il “revenue management”. Infatti pensando alla citazione sulla manutenzione del vostro vicino di posto, vi potrebbe tornare in mente anche quello seduto dalla parte opposta dire “altro che low-cost, l’ho pagato come un volo business questo biglietto!”.
Ecco quindi il senso logico: prima di tutto tra il passeggero che lo ha pagato 1 Euro alla vostra sinistra e quello che lo ha pagato 300 Euro alla vostra destra, ci siete voi che lo avete pagato 150 Euro che è un buon prezzo, né troppo low, né troppo high, seguendo il principio che ogni cosa va venduta al massimo prezzo a cui il mercato è disposto ad acquistarla e la dinamizzazione dei prezzi consente di fare proprio questo: lo vende a un euro a quello che ha preso il volo per divertimento, a 300 Euro a quello che ne ha assolutamente bisogno e a 150 Euro a chi come te stava solo cercando un buon prezzo.
Il meccanismo (o algoritmo) lavora per capire in tempo reale quanta domanda si ha su quel volo e in base a questo, adeguare il prezzo: con una domanda alta si alzerà il prezzo fino a quando si stabilizza, con una domanda bassa, si abbasserà fino anche ad un solo euro il prezzo del biglietto.
Sì perché i voli di linea devono sempre essere garantiti dalle compagnie che si accaparrano gli slot e quindi: che l’aereo sia pieno o vuoto bisogna decollare ma i costi sono pressoché uguali (tranne le tasse per passeggero che in effetti vengono pagate a parte). Quindi riuscire ad aggiungere un passeggero che paghi anche solo un euro, sarà comunque un euro in più di ricavi (ovvero un euro in meno sui costi totali che devo essere coperti), in gergo un Euro in più quindi di throughtput… ma qui andiamo verso il complicato.
Ora immaginate di avere la mole di passeggeri trasportati da Ryan Air ad esempio e di guadagnare 1 Euro per ogni passeggero in più che trasportate sui vostri aerei su ogni tratta, ogni giorno… alla fine della giornata sono bei soldini (immaginatevi che non è sempre ad un euro il biglietto più economico, solitamente 20 o 30 Euro. Ecco: moltiplicate!). Tenete anche conto che poi ci sono voli che non hanno nessun posto venduto a prezzi bassi, anzi magari pagano invece tutti 300 Euro, come il passeggero alla vostra destra, perché può essere siano periodi concomitanti con eventi importanti o soggetti a stagionalità e la compagnia tiene alti i prezzi fin da subito. Questo è un altro elemento del revenue management che applica il mondo del turismo in generale.
Queste sono le strategie per vendere al massimo del prezzo vendibile sul mercato ed anche se questo prezzo è alle volte molto basso, vi garantiamo che è sempre di più del posto che le compagnie di bandiera lasciano vuoto per non aver abbassato i prezzi (in realtà tutte le compagnie adesso adottano questi sistemi ma i precursori sono state le low-cost sicuramente!).
Il principio è questo: se non posso abbassare i costi oltre un certo limite (con le ottimizzazioni che vedremo tra un attimo) posso sempre aumentare i ricavi, gestendo i prezzi, anche solo di un euro alla volta.
I costi delle compagnie aeree
Ora veniamo ai costi di cui abbiamo accennato prima: avete idea della faccia del CEO della Boeing quando O’Leary andò a fare un ordine per 30 aerei da 100.000.000 di dollari cadauno (dollaro più, dollaro meno)? Forse un pochino di sconto è riuscito ad ottenerlo.
E quando andò a comprare carburante per tutta la flotta? Secondo voi chi aveva in mano la trattativa?
Queste sono semplici leggi di mercato tra domanda e offerta, cliente e fornitore, ma poi O’Leary, Tony Ryan prima di lui e la South West ancora prima, hanno fatto due epocali ragionamenti a monte: il primo che sembra il più scontato, è quello di avere un solo tipo di aereo.
In aviazione le compagnie fanno ricerche di mercato, verificano le tratte che devono fare, quanti passeggeri potrebbero imbarcare, controllano le performance degli aerei sul mercato e poi acquistano aerei un po’ qua, un po’ là. Le vere low-cost scelgono un tipo di aereo e su quelle prestazioni ci costruiscono tutte le loro operazioni. Un solo tipo di aereo vuol dire un solo fornitore (discorso fatto sopra sulle quantità e la faccia del CEO), stesso addestramento per tutti (piloti e tecnici), semplicità di calcolo previsionale, costo del magazzino ricambi (per chi è del settore forse sa cosa significhi), e così il costo delle macchine (quello complessivo che non riguarda solo l’ammortamento ma tutta la gestione della vita operativa) si dimezza!
Ora il secondo argomento, decisamente interessante: gli aerei delle compagnie, dalla più piccola alla più grande, dalla linea all’aerotaxi e arrivando ai piloti proprietari e gli aeroclub, quando atterrano in un aeroporto pagano il servizio di terra e delle tasse statali in base a tonnellaggio, passeggeri, merci, ecc… le low-cost hanno invece rivoluzionato il sistema e vanno negli aeroporti potendo dire (lo banalizziamo molto… non leggeteci alla lettera): "cosa mi dai se porto dei voli sul tuo aeroporto? Hai visto com’era l’aeroporto di Bergamo 20 anni fa e come è adesso? Quanti negozi puoi affittare? Quanto vale lo spazio in aeroporto quando ci arriva la mia low-cost, quanto guadagnano i parcheggiatori, qual è l’indotto totale?"
Ecco, non sappiamo rispondere a tutte queste domande, ma evidentemente la risposta sta nella sostenibilità economica di queste compagnie.
A fronte di tutti queste argomentazioni, alcuni vedono le low cost come il diavolo e altri le venerano ma non è nostra abitudine dare giudizi se non “modeste opinioni”… quindi possiamo solo dire che il modello economico funziona, che ha rivoluzionato il mondo dell’aviazione e dei viaggi in generale, che ha aperto la possibilità di spostarsi a molte più persone e creato migliaia di posti di lavoro… ma inquinamento, speculazioni, sfruttamento non fanno parte della nostra valutazione. D’altronde anche Amazon è un modello economico da una parte vincente e dall’altra opinabile… ma questa è un’altra storia.
In conclusione, da mero accountant, posso solo dire che il modello “low-cost” è affascinante e copernicano sia dal punto di vista dell’aviazione e che del mondo economico in generale.
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